Viaggiare in auto guardando indietro: chi non l’ha mai fatto?
Da piccola mi divertivo così tanto a farlo: percepire la velocità al contrario mi faceva sentire ebbra, mi divertivo a salutare le persone nell’auto che ci seguiva e spesso mi mettevo a giocare sulla cappelliera.
Oggi non saluto più la gente e non porto con me i miei giochi preferiti, quando esco. Però, quando non guido, mi piace ancora voltarmi indietro, per avere una visione dell’ambiente intorno a me a trecentosessanta gradi.
Una volta, ciò che ho visto voltandomi è stata l’immagine in copertina. Allora mi sono detta: Se lo spettacolo è questo, non prenderò alla lettera la massima “Guarda sempre avanti, non voltarti indietro mai”.
Direi che talvolta guardarci indietro ci stupisce, ci fa sorridere, insomma, ci fa stare bene per un attimo. Qualche volta possiamo, dobbiamo farlo.
Dopotutto, il cammino da cui proveniamo è ciò che ci rende quello che siamo oggi.
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Già, gli specchietti retrovisori non li hanno inventati per niente: guardare indietro è comunque fondamentale per andare avanti in maniera serena. 😊
Ah “quella parte rigida dietro i seggiolini che copre il portabagagli” si chiama cappelliera! 😉
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ahahahah grazie, ho peccato di inettitudine! Ora però correggo 😁
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Eh, figurati: non è che possiamo essere esperti di tutto. E poi era la “voce della bambina” che ne parlava, quindi l’ignoranza del termine ci sta tutta! 😉
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grazie per la giustificazione 😬
Comunque sugli specchietti retrovisori sono d’accordo 😉
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😉❤
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Esatto, siamo quello che siamo per quello che ci siamo lasciati alle spalle.
E voltarsi, a volte, ci fa capire meglio noi stessi, e a mano a mano quel passato diventa sempre più bello
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Ci fa capire ciò che eravamo e perché siamo così. A volte ci fa anche sentire un po’ ridicoli ☺️ L’importante è non rinnegarlo mai!
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Mai, proprio perché ci ha portato dove siamo 😉
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Giusto 😉
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Riflessione molto acuta, la tua, Enza. Eppure, il più grande di tutti gli eroi, il navigatore per eccellenza, Odisseo – o Ulisse che dir si voglia – non guardava avanti per tornare indietro? Straordinario ribaltamento, se ci pensi: il dolore del ritorno, la nostalgia. Lo chiarisce molto bene Pavese, secondo me, in uno dei “Dialoghi con Leukò”, intitolato “L’isola”, in cui sull’isola ogigia Odisseo e Calipso si guardano, ma non si vedono, si parlano, ma non si ascoltano.
Un’isola, del resto, non vale l’altra: Calipso non riesce a irretire Odisseo. Perché? Perché Odisseo la sua isola ce l’ha nel cuore.
Per questo guarda indietro per andare avanti.
Grazie, Enza, delle tue riflessioni così profonde.
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Una lezione per ogni commento. Grazie Federico!
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Mi auguro di non risultare inopportuno o saccente. Il fatto è che, se devo esprimere un semplice apprezzamento per ciò che scrivi, mi basta il like. Se invece voglio formulare un pensiero più compiuto e aggiungere qualche cosa la discussione, non posso fare a meno di profonda me in qualche paragone o riflessione. Grazie sempre a te di tutto…
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Assolutamente! Intendevo una lezione costruttiva e utile non soltanto a me!
Ben vengano i commenti elaborati, pensati, riflettuti e… sentiti
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Perfetto! Ero stato percorso dal dubbio…
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Forse mi ero espressa male 😉
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Bellissima la tua ultima frase. Si ricollega ad un pensiero di un giornalista famoso (di cui non faccio il nome) che scrisse: Proust ha vissuto il Novecento guardando nello specchietto retrovisore l’Ottocento. Il recupero della memoria.. che a volte fa così male, a volte no.. ma che è indispensabile per il futuro.
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Grazie Fritz! È vero, alcuni ricordi fanno molto male, altri sono belli (e perciò, personalmente, mi rendono nostalgica!). In ogni caso, spesso mi piace raccontarli, come si evince dal blog. È un modo anche per fissarli, per evitare che sbiadiscano. Così possiamo sempre ricordare da dove veniamo 😉
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