Una settimana di racconti

Leggi Storia di una sinfonia

Berta non filava affatto.

Aveva filato solo quando, ancora fanciulla dalle dita cicciottelle, costringeva sua madre a portarla al “ristorante dei piccoli”, quel luogo dove regnavano urla, giochi e creatività. Ecco, era alla scuola dell’infanzia che aveva imparato a filare.

Ma il fuso era stato accantonato poco dopo, nell’umidità della cantina.

Immagine da unsplash.com

Man mano che il suo corpo cresceva, si facevano strada nei suoi occhi vispi la curiosità, la voglia di guardarsi intorno, di scoprire il mondo, di avventurarsi per contrade mai viste. Era spinta dalla sola forza delle ginocchia sbucciate e la accompagnava il suono allegro del campanello della bicicletta. Leggeri vestiti al vento, sandali consumati dalle corse, pelle scurita dal sole e dalla polvere di terra arsa, borsetta di cuoio a tracolla, e via: questo era la piccola Berta.

Da allora ne erano passati di anni e Berta si era trasformata in una donna in carriera: tailleur, capelli tirati, tacchi vertiginosi, occhiali da intellettuale e valigia sempre pronta al seguito.

Tuttavia, qualcosa filava e qualcosa no. A dispetto di affidabilità, precisione, professionalità, che la contraddistinguevano in ambito lavorativo, nella vita privata Berta mostrava una caratteristica difficilmente domabile: la sbadataggine.

Ogni volta che si apprestava a lasciare il mezzo di trasporto con cui portava la sua valigia in giro per il mondo, realizzava di aver lasciato qualcosa sul seggiolino accanto al suo. Un foulard, un biglietto di viaggio, il pranzo, una cartolina già scritta.

Sembrava quasi che avesse bisogno di documentare ai posteri il proprio passaggio. Le piaceva pensare che il passeggero successivo si sarebbe imbattuto in qualcosa di suo, fantasticando su di lei.

Una volta dimenticò un libro.

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Quando ormai era già arrivata a casa, dopo aver sorriso ancora una volta di quanto fosse distratta, fantasticò sulla sorte del suo amico silenzioso. Qualcuno, sul volo successivo, lo avrebbe preso e ne avrebbe letto le prime pagine. Qualcun altro, ancora dopo, lo avrebbe aperto a caso, tuffandosi tra le righe per cercare la soluzione a un problema. Nessuno avrebbe osato appropriarsene; al contrario, ciascuno, dopo averlo fatto suo per qualche ora, lo avrebbe accuratamente riposto nella tasca dietro lo schienale.

Quel libro avrebbe incontrato i passeggeri più disparati, ne avrebbe accolto la curiosità, saziato l’immaginazione, e se ne sarebbe tornato al suo giaciglio ogni volta con un paio di impronte in più e un numero crescente di sgualciture. Avrebbe percorso, indisturbato, migliaia di chilometri, avrebbe sorvolato immensi spazi turchesi, attraversato lucenti mari e sconfinati oceani.

Quel libro, ogni volta che veniva aperto da un passeggero, si sarebbe trasformato in un filo: un filo che unisce un capo del mondo all’altro.

Berta stava ancora filando.

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35 pensieri su “Berta filava

  1. Ogni tanto penso anch’io alla “vita” degli oggetti, quando non ci appartengono più.
    Un regalo fatto anni fa ad un amico o a una persona speciale, un oggetto smarrito o dimenticato.
    Qualcuno lo terrà per se? O farà una fine misera?

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      1. si sente la mancanza, poi eh! eheheheh stavo vedendo come stalkerarti poi ho detto “vado di commento,dai” 😀 procede,procede.. piena di cose da fare, è un periodone di quelli super stressanti ma.. va bene così 🙂 aspetto di leggerti, mi raccomando. un abbraccione doppio!

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